domenica 30 settembre 2012

Le formiche di René


In un’estate un po’ spenta, con i grandi chef creativi che iniziano a segnare il passo, è normale che sulla stampa e sulla rete abbia spopolato il piatto più provocatorio. Sto parlando, in realtà, non di un solo piatto, ma delle variazioni che René Redzepi ha composto sul tema delle formiche vive: dalle Live ants with crème fraîche presentate a luglio come antipasto, ai Blueberries and ants serviti in questi giorni come dessert.

Ohibò, formiche vive! Stracciarsi di vesti generale, con qualche voce coraggiosa che si leva dal coro per difendere la sperimentazione. Se lo scopo di Redzepi era far parlare di sé, l’obbiettivo è raggiunto.

Tutto questo non mi stupisce.

Molti non hanno idea di che fatica deve fare uno chef di grido, anche il primo al mondo, per continuare a tenere desta l’attenzione sul suo lavoro. I tempi sono cambiati. Non sono più i clienti diretti a diffondere il verbo della grande cucina. Giornali, televisioni, blog e siti web moltiplicano l’informazione all’impazzata. Non si può restare chiusi in cucina ed aspettare che il gourmet di turno vi venga a cercare. Bisogna partecipare a congressi, organizzarli, presenziare in tv, farsi intervistare, manifestarsi sui social networks. Non è più l’epoca dorata che ha tenuto a battesimo la grande cucina moderna. Ve lo immaginate Escoffier che candidamente twitta “I love to sleep”?

Ma non mi stupiscono nemmeno i piatti.

Mi incuriosiscono, ma non mi sconvolgono. Sono nuovi, ma non tremendamente originali. La cultura occidentale purtroppo è terribilmente miope e autoreferenziale. Tutto ciò che accade al di là delle sue moderne colonne d’Ercole, semplicemente non la riguarda. Quindi, non fa nulla se esistono popoli che da sempre mangiano insetti. Non fa nulla se in Thailandia si producono ghiottonerie a base di insetti ordinabili sul web, se sul web si può comprare anche il leccalecca alle formiche, se le enormi hormigas culonas sono il cibo più prelibato e costoso nella regione di Santander in Colombia e vengono usate come ripieno dei cioccolatini. 

Figuriamoci. 

Per giustificare l’entomofagia (questo è il nome scientifico e altisonante dell’abitudine di mangiare insetti) semmai qualche anima candida si sente in dovere di citare i rapporti dell’Onu, che identificano negli insetti la fonte di proteine del futuro, in alternativa alla carne. Nel caso dei piatti di Redzepi, il discorso nutrizionale suona come una stupenda barzelletta. E’ verissimo che le formiche contengono in media il 40% di proteine. Il problema è che il peso medio di un singolo esemplare è dell’ordine del milligrammo. Quindi, per assumere la stessa quantità di proteine contenuta in un fagiolo, dovremmo mangiarne circa 3000. Se consideriamo che René si è portato a Londra, per la sua trasferta estiva di dieci giorni al Claridge’s , circa 22mila formiche, risulta che i suoi numerosi clienti insettivori si sono spartiti le proteine contenute in poco più di sette fagioli.

La scienza e l’antropologia studiano gli insetti come fonte di cibo da tempi lontani. Nel 1885 a Londra (guarda un po’ che caso…) Vincent Holt pubblica un libro di un centinaio di pagine dal titolo eloquente: Why Not Eat Insects?. In tempi più recenti, è stata pubblicata una rivista, The Food Insects Newsletter, che ha divulgato notizie e ricerche sull’entomofagia dal 1988 al 2000, ovvero finché il web non ha preso il sopravvento. Oggi, gli appassionati dell’argomento trovano una fonte notevole di informazioni sul sito di riferimento food-insects.

La repulsione occidentale per gli insetti come cibo è puramente culturale, e non ha basi scientifiche. Esattamente come sono di origine culturale o religiosa le più diffuse idiosincrasie alimentari. Ebrei e musulmani non mangiano il maiale, mentre gli indù non mangiano bovini. A Parma tradizionalmente si mangiano il cavallo crudo e lo stracotto d’asino, ma i miei amici inglesi quasi svengono quando, passeggiando, ci capita di passare davanti ad una macelleria equina.

Girando per il mondo ho mangiato cibi d’ogni tipo, insetti, coccodrilli, orina bovina fermentata. Ho scoperto che il “buono da mangiare” è sempre inscindibile dal “buono da pensare”, per usare i termini di Marvin Harris. Ho provato ad offrire le formiche glassate al cioccolato ad ospiti ignari, spacciando il contenuto per frutta esotica, senza notare segni di disgusto. La paura del nuovo, purtroppo, è il marchio più netto dell’Italia di oggi, sia che il nuovo si chiami cucina molecolare, sia che si tratti di un nuovo relativo, perché altrove decisamente antico.

Qualcuno obbietta che l’aspetto raccapricciante deriva dal fatto che le formiche sono vive. Nemmeno questa è una novità. In Uganda si mangiano le formiche vive, appena uscite dal formicaio. E pure gli aborigeni australiani mangiano vive le formiche da miele. Ma non è che le ostriche che deliziano i palati occidentali si mangino defunte. 

Non sono insetti! - obbietterà il solito bastian contrario. E’ vero. Ma sapete qual è il popolo più famoso al mondo come mangiatore di insetti vivi? Siamo noi. Gli Italiani. Il casu marzu sardo, e tutte le varianti continentali di formaggio con i vermi, sono citate sui trattati di antropologia alimentare di tutto il mondo come esempi di cibo da insetti vivi.

Da tempo, ho in mente di pranzare al Noma. Quando ci andrò, se saranno in menù, penso che assaggerò le formiche. Sempre che la cosa non disturbi i miei commensali, perché in quel caso rinuncerei, come rinuncio alla carne di maiale quando mangio con un musulmano.

Non le assaggerò per la curiosità di provare una novità incredibile.

Le mangerò per scoprire come il grande René Redzepi reinterpreta la secolare cucina degli insetti. 












8 commenti:

  1. Mi è piaciuta l'idea di Escoffier che twitta e condivido la sua considerazione. Quanto alle formiche, mi sento schiacciata dal peso della mia "cultura" e non so se riuscirei mai a mangiarle.
    Saluti, emilia

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  2. Nulla di nuovo sotto il sole: chissà quante formiche vive abbiamo (inconsapevolmente) mangiato nei nostri pic nic! :)

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  3. io da piccolo le ho mangiate (vive ovviamente), ma non sono buone. Sono troppo acide!

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  4. Caro Carlo,
    questa è un'osservazione davvero interesante!

    Non ne abbiamo parlato, ma non tutte le formiche sono buone da mangiare. Non nel senso di commestibili, ma proprio buone nell'accezione gastronomica del termine.

    Con il termine generico "formiche", nel linguaggio comune, racchiudiamo un numero vastissimo di diverse specie di insetti, tutte appartenenti alla famiglia Formicidae Latreille. Le specie buone non sono tantissime e non si trovano dovunque. Le Hormigas Culonas (Atta Laevigata) vivono in colombia, ma non in Italia. Se vogliamo fare un paragone con un altro genere di ingredienti, prendiamo per esempio i funghi: alla famiglia Boletacee appartengono sia i pregiatissimi porcini, sia funghi coriacei ed insipidi, sia funghi velenosi.

    René Redzepi fa arrivare le sue formiche dal Brasile, e le nutre con citronella e coriandolo, per migliorarne l'aroma.
    Se mi è concesso il paragone, è un po' come Paolo Parisi che, per ottenere le sue uova eccezionali, nutre le galline con latte di capra!

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  5. nivadi

    sarà il riciclo portato all'estremo

    quando i nostri cari defunti saranno pieni di vermi, ce ne ciberemo.
    Anche ecologicamente positivo: non ruberemo più terra per i cimiteri, pure niente cremazioni e meno anidride carbonica!

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  6. Le formiche sono acide perchè contengono l'acido formico, se non erro.
    Mi ricordo che il mio prof. di chimica aveva raccontato che da studente aveva ricavato l'acido in questione "distillando le formiche" (!!!)

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    1. Verissimo. L'acido formico è stato isolato per la prima volta nel 1871 dal naturalista inglese John Ray proprio distillando una grande quantità di formiche. E questo rimase l'unico metodo di produzione per anni, finché Gay Lussac non mise a punto una tecnica di sintesi più pratica.
      Il suo nome deriva ovviamente dalle formiche!

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  7. A proposito di entomofagia...http://trashfood.com/2012/10/08/cartoline-da-triestenext-dagli-sprechi-alimentari-alle-tagliatelle-con-farina-dinsetti/

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