domenica 31 marzo 2013

CONTRO LE RICETTE

"Perché la gente compra sempre più libri di cucina ma, nelle case, si mangia sempre peggio?"


1: Divagazioni intorno a una pastiera


E’ Pasqua e, anche se fa freddo e piove, la cucina profuma di primavera, perché in forno stanno cuocendo le pastiere.  E, poiché con la pastiera napoletana ho un rapporto antico e speciale, per questo secondo atto di guerra amichevole contro le ricette, faremo attendere i nostri eroi nel sotterraneo di Parigi, dove li abbiamo lasciati la volta scorsa, e ci spostiamo nella cucina di casa.

La pastiera di Roberta è speciale. E’ arrivata a metterla a punto in anni di piccoli e grandi perfezionamenti. Alla fine Fulvio la proclamò la migliore fra tutte quelle che aveva assaggiato mai. Se le chiedi la ricetta, non ha nessun problema a scriverla. Ma, anche se rispetti dosi e tempi, difficilmente otterrai lo stesso risultato. Fulvio (che di cucina ne capisce…) non le aveva chiesto la ricetta. Le sue domande erano ben diverse: “Che burro usi?” “Dove hai preso il grano e l’acqua di fiori d’arancio?” “E i canditi?”.  Non era un mistero: senza il burro di quel caseificio di montagna, la frolla era terribilmente diversa. Il grano, lo si andava a comprare a Salerno. La frutta candita, intera, a Napoli. Quanto all’acqua di fiori d’arancio, dopo mesi e mesi di ricerche infruttuose, come fornitore unico fu scelto un oscuro negozietto della città vecchia a Grasse. Una volta, per questioni di forza maggiore, fu costretta ad usare i flaconcini del supermercato, ma il risultato fu un dolce dal profumo sintetico, che tutti definimmo “ di plastica”, e finì nella spazzatura.

Questa, ovviamente, è solo la punta dell’iceberg. Perché mentre la pastiera cuoce, Roberta non lascia per un istante la cucina. Occhi puntati sul forno, apre lo sportello, gira le teglie, alza ed abbassa il termostato.

Piuttosto che seguire una procedura, controlla dal vivo il processo. Che è l’unica cosa da farsi, considerata l’estrema variabilità delle geometrie, dell’umidità dell’aria, dei flussi della ventola e delle temperature all’interno della camera di cottura. 

Ne val la pena? – si sente chiedere spesso. Se volete un risultato speciale, la risposta è una sola: “E’ indispensabile!

Viste le premesse, ora potete capire meglio la storia che sto per raccontarvi. 

Qualche anno fa, mi ritrovai nella commissione d’esame finale di una prestigiosa scuola di cucina. I candidati erano pasticceri e dovevano preparare due dolci: uno a loro scelta, l’altro estratto a sorte dalla commissione. La commissione estrasse la pastiera. 

Passai un’ora buona di assaggi raccapriccianti. Gli allievi sfilavano davanti ai commissari uno ad uno. Al primo feci notare che non si sentiva il profumo di fiori d’arancio. Quello rispose che aveva messo la dose esatta della ricetta. Al che sbottai: “Ma secondo te, per quale motivo si mette l’acqua di fiori d’arancio nella pastiera?? La pastiera è il dolce di Pasqua, deve profumare di primavera. Le varie acque di fiori d’arancio hanno intensità diverse: se il profumo non si sente, ne devi mettere di più, non ti pare?”. Un altro portò una torta cotta fuori e cruda dentro. “Ho rispettato i tempi e le temperature della ricetta”. “Ah sì? – gli dico – “Perché, la ricetta ti dava anche materiale forma e spessore della teglia? Ti diceva la posizione della ventola? Non vedi che la teglia che hai usato non è da pastiera? Dovevi tenere il forno più basso e comunque, se vedi che l’esterno è cotto e l’interno non lo è, basta portare il termostato poco sotto i 140 gradi per completare la cottura interna bloccando le reazioni di Maillard in superficie”. 

Ma le teglie, quel giorno, erano tutte sbagliate.

Uno studente portò una pastiera che, per colpa di una teglia troppo alta, era tutto ripieno e niente pasta. Un altro, che ebbe l’accortezza di riempirla a metà, arrivò con una torta bruciata su un lato.  Improvvisai una minilezione sull’importanza della forma dei contenitori per cottura.  “Vi siete mai chiesti perché ci sono teglie alte e teglie basse? Se l’altezza delle pareti non fosse importante, le faremmo tutte alte per risparmiare, non vi pare? Non lo vedete che se la teglia non è piena fino la parete eccedente scherma l’aria della ventola e la riflette? Così vi trovate una parte cruda ed una bruciata… “. I forni ventilati sono tremendi, perché il flusso dell’aria è disomogeneo. Per questo Roberta ruota la teglia durante la cottura, quando non ne ha a disposizione uno a piatto rotante. “ Non avete mai visto i ‘ruoti’ da pastiera in alluminio, che si vendono in Campania? Studiatevi la loro geometria, perché è il frutto dell’esperienza di secoli. Se sono fatti a tronco di cono, una ragione ci sarà…”.

La ragione, ovviamente c’è. Più d’una, in realtà. La pastiera è un dolce difficile. Una pasta secca che deve contenere un ripieno molto umido. In queste condizioni, la cottura non è banale: bisogna far evaporare una parte dell’acqua del ripieno, senza impedire l’essiccazione della frolla. La geometria tronco-conica permette una maggiore superficie di contatto tra il ripieno e l’aria e consente di utilizzare una maggior quantità di pasta sui bordi.

Alla fine, i mei voti raggiunsero un picco di 6/10. Il resto , insufficienze.

Non fui mai più convocato in commissione. 

Non me ne duole. Gli allievi continueranno a seguire le loro ricette e mai nessuno riuscirà a fare una pastiera come quella che fra poco assaggerò… 

Per cucinare bene, non esistono riti e formule magiche. Servono anni di studio e lavoro.

Buona Pasqua!